
Oggi vengo a conoscenza che il 'tesoro' di Don Callisto Tanzi è stato ritrovato in casa di un amico di suo genero, a seguito del polverone alzato dalla puntata di Report in cui un vecchio autista dell'ex patron della Parmalat denunciava la sparizione e l'occultamento di quadri di proprietà dello stesso Tanzi dalla casa di quest'ultimo poco prima che scoppiasse il crack Parmalat.
E poi penso a Tanzi stesso, al fatto che lui, nonostante tutto, è abbastanza libero di andarsene per il mondo senza la paura che nessuno lo riduca in fin di vita a mazzate.
Mentre se sei uno spacciatore, lavoro esecrabile nonché illegale, e ti beccano con un po' di 'roba' addosso, beh ti conviene essere un gran incassatore, perché tu sì che devi aver paura di morire di botte.
Come si può, allora, continuare a ornare il capo dei nostri giudici con una scritta che, nella realtà dei fatti, vale solo per i poveri (o, meglio, i non ricchi): se hai i soldi per permetterti i migliori avvocati, puoi sentirti libero di fare quello che vuoi, compreso rubare e giocare d'azzardo coi soldi degl'altri.
Certo non accade sempre così, ma il punto è che non deve MAI accadere: la legge, per essere tale, deve essere sempre uguale per tutti, e laddove appare nettamente una diversità di trattamento bisogna porre rimedio. Rapidamente.
Occorre chiedersi perché, per quali ragioni tale diversità si manifesti, e occorre interrogarsi sul modo per evitare che in futuro si ripresenti.
Un Paese che vessa i poveri e premia i ricchi, diventa un paesino. E rischia di diventare un'oligarchia, o peggio una monarchia in cui la nobiltà ben si distingue da un folto Terzo Stato.

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